Solennità di Santa Giustina

07-10-2022

SOLENNITÀ DI SANTA GIUSTINA

Basilica di Santa Giustina, 7 ottobre 2022

Omelia

A santa Giustina – come a san Prosdocimo – sono dedicate numerose chiese ai confini storici della nostra Diocesi. Sia santa Giustina che san Prosdocimo sono figure antiche alle quali è fatta risalire la fondazione della nostra Chiesa. Sono figure che danno origine, identità. I confini geografici che vengono segnalati dalle chiese a loro dedicate sono luoghi che delimitano un territorio, una storia dalle altre, un popolo da un altro popolo. Se parliamo di identità e di diversità questi simboli portano al confronto e spesso alla separazione. Per questo spesso i confini sono stati e sono teatro di lotte e di guerre, come avviene oggi, ad esempio, tra Russia e Ucraina (e anche in altri paesi).

Sappiamo altrettanto bene, però, che i confini sono luoghi di incontro, di accoglienza e di dialogo: si incontrano popoli, culture; permettono di arricchirsi scambiando le proprie storie e le proprie attività. I confini sono gli spazi che ci portano più vicini agli altri.

Oggi la difesa dei confini geografici sembra anacronistica e tale sembra anche l’attuale guerra europea tra Russia e Ucraina: qualcosa di superato, di anacronistico, di incomprensibile.

Ma nel nostro tempo abbiamo preso coscienza di altri confini, di tipo esistenziale. Si tratta di sentimenti, relazioni e dinamiche che deteriorano la convivenza sociale e che vogliamo superare. Solo oltrepassando questi confini possiamo guardare a un mondo più giusto e fraterno. Sono i confini tra ricchi e poveri, tra giovani e anziani, tra potenti e deboli. E tra uomini e donne!

Questa festa di santa Giustina potrebbe determinare una profonda trasformazione della nostra cultura e della nostra mentalità: da simbolo che segnalava i confini a simbolo che apre dialogo, prossimità, vicinanza. Non mi riferisco alla geografia ma soprattutto alle relazioni interpersonali. E questa sera in particolare a quel confine esistenziale costituito dal rapporto uomo-donna.

La figura di santa Giustina ha contorni storici sfumati e molto lontani nel tempo. È, oltre che uno spirito beato che vive nella gloria con gli angeli e con tutti gli altri santi, icona e rappresentazione simbolica di ogni donna che ha donato tutta se stessa per seguire Gesù e il suo Vangelo. È figura madre della nostra Chiesa e icona padovana di ogni discepola del Vangelo: in lei siamo invitati a rileggere la nostra identità di cristiani. Forse vi dicono qualcosa nomi come Agnese Pendini, Bruna Carazzolo, Fernanda Guariento, Maria Ildegarde Tonzig, Maria Cristina Cella Mocellin, suor Benedetta Boggian, Maria Borgato, Franca Faggian… sono alcune donne padovane che hanno arricchito la nostra Chiesa e servito il nostro paese proseguendo la scia tracciata da santa Giustina.

Il nostro atto di lode, celebrato in forma solenne, con la presenza di donne che animano la nostra preghiera con il loro canto, diventa un vero pellegrinaggio della Chiesa padovana: indica il nostro desiderio, la nostra volontà di metterci in movimento, in cammino verso i confini, verso quel confine esistenziale costituito dalla relazione tra maschile e femminile: da spazio per segnare supremazia e dominio, che generano anche violenza, possa diventare spazio di incontro, di dialogo, di reciproco riconoscimento e arricchimento. Le dinamiche sociali e culturali del rapporto tra uomo e donna hanno portato spesso a violenza fino a trasformarsi in femminicidi e omicidi.

Quello dei confini è sempre spazio dedicato. Con piccoli pretesti, a causa di piccoli pretesti, l’amore si trasforma in odio, gli amici in nemici, la collaborazione nel produrre grano in autonomia per produrre armi.  Ed è esattamente lì, in questi confini, che i cristiani sono invitati a stare e ad abitare, con il Vangelo nel cuore.

Forse è tempo che per la nostra fede in Gesù, per la devozione a santa Giustina, per fedeltà alle tante donne che hanno dato la loro bella testimonianza alla nostra Chiesa, ci facciamo promotori di portare pace e gioia in questo confine esistenziale che è il rapporto uomo-donna.

Ed è tempo che la nostra Chiesa si faccia anticipatrice di un nuovo stile di vita e di una nuova cultura vivendo in questo confine e facendone un luogo di incontro e di reciproco arricchimento. La nostra fede e la nostra storia ci offrono strumenti e insegnamenti straordinari.

Soprattutto a voi donne credenti e cristiane vorrei rivolgermi stasera e affidare il servizio di aiutare tutta la nostra Chiesa di Padova. Siamo sollecitati da molti settori della nostra società e cultura, siamo sollecitati da papa Francesco, siamo sollecitati dai fatti di cronaca che fanno giungere da tutto il mondo grida di dolore, immagini di sopraffazione e di violenza.

Vorrei chiedervi di farvi protagoniste nella Chiesa e a nome della Chiesa di portare pace in questo confine. So che non si tratta soltanto di un sentimento da provare ma di una cultura da costruire secondo il disegno di Dio che la Chiesa deve saper annunciare e profetizzare: che siano tutti uno in Cristo.

Qualche passo è stato fatto e ciò ci incoraggia a continuare e a osare di più: la Chiesa, cioè noi, vorrebbe essere profezia di un modo nuovo di vivere la relazione tra uomo e donna e vivendo la presenza della donna nella Chiesa in modo sempre più evangelico.

La lode a Dio di cui parla la prima lettura, la fiducia in Gesù di cui parla la seconda e la generosa dedizione alla sequela di Gesù e del suo amore di cui parla il Vangelo siano l’ispirazione del prossimo cammino.

+ Claudio Cipolla