Don Egidio Munaron (Rubano, 03.02.1932 – Sarmeola, 15.02.2022)
«Porto nel cuore tante e tante memorie di questi anni da parroco, storie da me vissute o a me raccontate: sono dentro di me gelosamente custodite come in uno scrigno di cose preziose. Di esso non possiedo la chiave. Fanno parte dei miei segreti, degli incontri con le persone, delle confidenze ricevute, degli animi che si sono aperti. Lo chiamerei il quinto Vangelo; quello che forse nessuno scriverà mai o che solo a fatica potrebbe scrivere. Forse sono le cose più belle, gli avvenimenti quotidiani, silenziosi, riservati, ma cari, intimi, profondi e autentici, dei quali è testimone il Signore. Ospite di ogni uomo, di ogni donna, di ogni bambino, di ogni giovane e di ogni anziano: Colui che ha scelto il cuore di ciascuno di noi come sua cattedrale preziosa. Il libro della storia ha ancora tante pagine bianche: le mie, le vostre… La tela: trama e ordito, in un misterioso connubio, sono sempre all’opera. L’umano e il divino si intrecciano» (Piccole grandi storie, novembre 2007).
Don Egidio, di Federico e Rosa Marcato, nasce a Rubano il 3 febbraio 1932 e viene ordinato presbitero il 14 luglio 1957 dal vescovo Girolamo Bortignon.
Viene subito inviato come cooperatore a San Pietro di Barbozza, con alcune collaborazioni a Rotzo e Campagnola di Brugine e nell’autunno 1967 passa a Vigodarzere, inizialmente come cooperatore per l’erigenda parrocchia di San Bonaventura, alle porte di Padova (Castagnara), della quale diviene subito dopo primo parroco.
La nuova comunità parrocchiale, nata nel tempo che seguiva il Concilio Vaticano II, non aveva tradizioni precedenti e si caratterizza subito per la partecipazione responsabile dei laici. Don Egidio incontra le famiglie e utilizza le loro case per le riunioni, con l’attenzione all’inserimento di tante famiglie giovani che, arrivando da ogni parte, cominciavano a dare il volto dei nuovi quartieri. Trasmette i valori della partecipazione, il senso della parrocchia e dell’accoglienza e offre a tutti, piccoli e grandi, l’opportunità di rendersi utili, tra felici intuizioni personali e l’entusiasmo che accompagna le cose nuove. Don Egidio interpreta una Chiesa di prossimità che condivide vicende e soluzioni anche con le istituzioni e le associazioni. Cominciano, poi, a sorgere i luoghi della comunità: i locali dell’Istituto delle Suore Riparatrici del Sacro Cuore (1968-1972), la nuova chiesa (ottobre 1970-Festa delle Palme 1972) e subito dopo la costruzione del centro parrocchiale. In quegli anni la comunità prende sempre più la sua fisionomia di Chiesa fra le case: crescono le strutture murarie, ma cresce anche il numero delle persone e la consapevolezza di essere una comunità. Il primo giorno di novembre 1993 il vescovo Antonio Mattiazzo avrebbe poi consacrato la chiesa.
Nell’autunno 1983, passando dalla periferia nord alla periferia sud della città, don Egidio diventa parroco di Santa Teresa di Gesù Bambino, nel Quartiere Bassanello.
La parrocchia era stata costituita dal vescovo Girolamo Bortignon il 1° ottobre 1973, giorno della festa liturgica di Santa Teresa di Lisieux.
La parrocchia di Santa Maria Assunta al Bassanello era territorialmente molto estesa, con prevalenti e vaste aree agricole. Nel secondo dopoguerra, a seguito di una rapida espansione edilizia e di una spartizione locale, nacquero le parrocchie di San Giacomo a Mandriola, Santi Angeli Custodi alla Guizza, Cuore Immacolato di Maria, San Giovanni Bosco alla Paltana, Madonna Incoronata al Basso Isonzo, Sant’Agostino di Albignasego. Negli anni ‘60, l’ulteriore sviluppo edilizio dell’area tra via Guizza e via Guasti motivò l’esigenza di una nuova comunità parrocchiale, quella appunto di Santa Teresa.
Quando don Egidio subentrò a don Giampietro Cecchinello, non esistevano ancora la chiesa e nemmeno le strutture parrocchiali: vi si trovava soltanto una chiesetta prefabbricata e provvisoria, collocata in via dell’Orna, su di un terreno messo a disposizione dal Comune di Padova. Il vescovo Antonio Mattiazzo, da poco insediatosi a Padova, pose la prima pietra della nuova chiesa (1° ottobre 1989) e ne benedisse la conclusione nel settembre 1992. Presso i locali della parrocchia avrebbero, poi, trovato spazio anche due case-famiglia affidate alle suore Salesie e dedicate al loro fondatore, don Domenico Leonati. Don Egidio esplora strade nuove di evangelizzazione, una pastorale giovanile alternativa, i corsi biblici, l’accompagnamento alle coppie di sposi.
Negli anni 1991-1996 è vicario foraneo del vicariato del Bassanello. Nel settembre 2008 rinuncia alla parrocchia per motivi di età, viene nominato animatore spirituale diocesano del Movimento dei Cursillos di Cristianità in Italia e torna come ospite e collaboratore a San Bonaventura fino a che la salute lo permette.
«Ho scelto Lui, non ho incertezze e mi riempie di gioia. “Tu sai che ti voglio bene!” nonostante tutto. Questo proposito oggi io rinnovo e confermo: sei tu lo scopo della mia vita. Te sempre e innanzitutto! Continuo la tua e la mia missione senza cedimenti, per tutti, con amore, con pazienza, facendo apparire te: “che tu cresca e che io scompaia”» (giugno 2007).
A San Bonaventura, anche se “pensionato”, si rende sempre disponibile per le confessioni e gli ammalati, non disdegnando ancora qualche attività con i gruppi, sempre manifestando una grande passione pastorale e la capacità di relazionarsi con tutti. Nel 2019 prende dimora all’Opera della Provvidenza di Sarmeola, dove la morte lo raggiunge nel pomeriggio di martedì 15 febbraio 2022.
Si può ben dire che don Egidio sia stato un parroco fondatore, ma soprattutto un costruttore di comunità.
«Non si esaltino le opere murarie realizzate, ma lo sforzo di creare comunità che si amano e amano Dio. Per questo soprattutto ho dato le mie energie fisiche e spirituali. Le opere realizzate non mi hanno mai distolto dal mio lavoro di sacerdote, grazie alle brave persone che mi hanno facilitato nei lavori materiali» (01.03.2018).
La sua persona era caratterizzata da alcuni tratti facilmente evidenti, quali: la profonda umanità, l’amabilità e la serenità; la dote di legare la Parola di Dio agli eventi concreti, ma anche di ascoltare e proporre sintesi importanti; la capacità di godere positivamente delle persone e della vita, come anche della novità, delle cose belle e della cultura; il sorriso e la capacità di mediazione; la discrezione e la puntualità, la carità e la libertà di fronte al denaro.
«Lodo Dio che scrive diritto anche nelle righe storte. Le righe erano le mie, la mano era la Sua. Solo a Lui ogni lode. Ho amato sinceramente i miei Vescovi e Superiori: ho cercato sempre l’obbedienza, la chiarezza e il servizio gioioso, anche quando era faticoso. Chiedo scusa, ma è proprio vero che l’obbedienza fa miracoli. Provo e porto con me solo amore e comprensione per tutti: il primo posto non è stato per qualcuno o per molti, ma per tutti, sempre, specialmente i malati, i tribolati, gli sfortunati, i meno praticanti, le famiglie in difficoltà, le persone più provate, chi ha il cuore ferito» (01.03.2018).
Le esequie saranno celebrate dal vescovo Claudio venerdì 18 febbraio, nella chiesa di San Bonaventura di Cadoneghe, alle ore 15 e nel cimitero locale verrà poi tumulato don Egidio. La salma potrà essere visitata a partire dalle ore 16 di mercoledì 16 presso la Casa funeraria Brogio di Cadoneghe. Alle ore 19 di giovedì 17 febbraio, alla presenza della salma, vi sarà un tempo di preghiera nella chiesa di Santa Teresa di Gesù Bambino. Nella mattinata di venerdì la salma sarà portata nella chiesa di San Bonaventura, in attesa della celebrazione pomeridiana.
«Il film della mia vita è un cielo trapuntato da una infinità di stelle: la tua presenza nella mia vita, una presenza silenziosa, costante, discreta, attenta. Ti chiedo perdono per le mie incorrispondenze: sono tante, spesso sconosciute, ma vere. Mi sono rialzato, ho ripreso il cammino, sempre con tanta gioia e tanto entusiasmo di essere prete. Non ho mai pensato di aver sbagliato scelta: ho scelto te, unico mio Bene, anche quando tanti, piccoli, insignificanti, apparenti beni, hanno tentato di offuscare te, mio vero e costante Bene. Al termine del mio cammino proclamo la mia scelta, la mia gioia di averti scelto. Non me ne sono mai pentito. Anche quando traballavo, non avevo dubbi! Sei tu, Signore Gesù, il centro della mia vita. Questa idea mi ha sempre affascinato e rincuorato.
Chiedo perdono per le ombre che possono aver toccato le molte persone che ho incontrato, avvicinato, amato, stimato… Siete state la spalla della mia vita: San Pietro di Barbozza, Rotzo, Campagnola, San Bonaventura, Santa Teresa. Avete tutti un posto privilegiato nella mia vita, nelle mie attenzioni, nel mio cuore. Ho amato tutti. Chiedo perdono per quanti ho trascurato anche minimamente. Nel mio cuore c’eravate e ci siete tutti.
Spesso il cammino non è stato facile: i giovani, le famiglie, i problemi economici, le scelte impegnative. Non mi sono mai sentito solo: tu, Signore e tanti, tanti, sempre mi sono stati vicini.
Chiedo perdono a quanti posso aver scandalizzato, deviato… Erano debolezze di cui mi pento profondamente. Ho amato e amo questa Chiesa, le mie comunità, la mia gente, il gregge affidatomi. Ogni giorno nel silenzio della chiesa, al mattino presto, mi siete passati davanti tutti. Con Lui vi ho capiti come siete, soprattutto poveri, peccatori, disabili, persone in difficoltà. Il desiderio mio era sempre di aprire uno spiraglio a Cristo. Ci sono riuscito? Chiedo perdono per avere, talvolta, impedito questo incontro!
Una cosa posso garantire: non mi sono mai attaccato alle cose materiali, anche quando ho maneggiato tanti soldi. Sono passati, ma non si sono fermati. Desidero che le opere non siano un vanto, ma motivo di gioia per tante, tante persone che hanno collaborato, condiviso, sostenuto, incoraggiato» (16.06.2006).