Ritorno a voi per continuare insieme il cammino della Quaresima seguendo le orme di Cristo che ci guida verso la Pasqua.
In questa Domenica siamo chiamati a contemplare la trasfigurazione di Gesù; una contemplazione che apre il nostro spirito alla luce divina del Tabor per vedere e gustare lo splendore di Gesù, una contemplazione che deve ispirare la nostra vita. Cerchiamo anzitutto di comprendere il significato di questo evento. Tras-figurazione significa cambiamento di figura. Gesù, nella trasfigurazione, ha assunto un altro aspetto. Per comprenderlo, dobbiamo tener presente che Gesù, Verbo eterno del Padre, facendosi uomo, è divenuto vero uomo, partecipe della nostra natura umana debole e mortale, ad eccezione del peccato che, di per sé, non è parte costitutiva della natura umana, altrimenti questa sarebbe radicalmente cattiva. Ora, nella tras-figurazione, la natura umana di Gesù è penetrata dalla luce della divinità, alla quale era intimamente unita, ma che abitualmente non appariva.
L’umanità di Gesù rivela allora una bellezza divina, estasiante, tanto che Pietro vorrebbe per-petuare quel momento di paradiso.
Con la sua trasfigurazione Gesù voleva confermare la fede dei discepoli nella sua identità di vero Dio e vero uomo, perché essi non venissero meno nella fede quando lo avrebbero visto sofferente, umiliato e crocifisso.
La trasfigurazione totale e permanente sarebbe stata la sua risurrezione dopo la morte in croce.
Ora dobbiamo fare una considerazione di straordinaria importanza. Poiché la natura umana assunta da Gesù e che si è trasfigurata sul Tabor è la nostra medesima natura umana, nell’unione con Gesù per mezzo della fede, del Battesimo e dell’Eucaristia, anche noi siamo chiamati e destinati alla trasfigurazione. Questa nella vita presente è spirituale e morale, ma sarà totale e permanente nella vita eterna. Dobbiamo, inoltre, considerare che questa trasformazione si realizza non solo singolarmente ma anche per il “corpo di Cristo”, che è la Chiesa e coinvolgerà l’intero cosmo. La fede cristiana è fede nella trasfigurazione di tutto l’umano a partire da Gesù.
C’è però un passaggio assolutamente necessario da compiere. La trasfigurazione non avviene per evoluzione spontanea. C’è una condizione, una prova da sostenere come per Gesù: quella della croce, del sacrificio di sé, del dono di sé, da compiere non da soli, ma insieme con Gesù, con la grazia che Gesù ci infonde.
Nella prima lettura, abbiamo ascoltato come Abramo era pronto a sacrificare il proprio figlio, quello che aveva di più caro, per obbedire a Dio. Così Gesù ha sacrificato se stesso fino alla Croce. Che cosa ci dice la trasfigurazione riguardo al bene comune sul quale stiamo riflettendo? Una verità decisiva, ma spesso messa da parte. Per rinnovare la società, come pure la nostra comunità, ciascuno di noi dovrebbe rinunciare all’egoismo, a far prevalere l’interesse privato, a volere il proprio piacere egoistico, cercando invece il bene autentico, a cominciare da quello dei più deboli e poveri.
Il rinnovamento autentico della società è quello che cambia il “cuore” dell’uomo, che parte dalla “coscienza” nella sua docilità a Dio. Tutto il resto è solo mezzo, strumento. Anche se buono in sé, può essere usato sia per il bene sia per il male. Così avviene per le novità tecnologiche, come telefonini, computer o per la globalizzazione. Hanno portato vantaggi, ma anche disordine morale.
Dobbiamo scrutare l’intenzione profonda del nostro cuore. Gesù ci avverte: «La lampada del corpo è l’occhio; perciò se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso, ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!» (Mt 6,22-23). Tenebra è l’egoismo; luce radiosa è l’amore come dono di sé, come solidarietà.
Accogliendo questo messaggio, nella celebrazione eucaristica preghiamo il Signore per avere la luce e la forza interiore che ci aiutino a rinnovare il nostro cuore e a cercare il vero bene di tutti, anche a costo del sacrificio di noi stessi.
Vi accompagno nel cammino quaresimale con la mia preghiera e la benedizione del Signore.
Antonio, vescovo