Ordinazione diaconale

Sabato 28 ottobre 2017, basilica Cattedrale, Padova
28-10-2017

 

Carissimi cristiani,

nel Vangelo che abbiamo ascoltato, Gesù unisce due amori: quello per Dio e quello per il prossimo, l’uno è simile all’altro. Erano troppo separati in quel tempo, ma forse sempre è stato così e lo è ancora oggi. Separare l’amore di Dio dall’amore del prossimo permette di usare Dio per autocompiacersi, consolarsi, giustificarsi, estraniandosi dai fratelli. Permette addirittura di usare il prossimo. Al centro, tra i due amori, ci siamo noi stessi, con il nostro narcisismo. Le strade per mantenere saldo sul piedistallo il nostro “io” sono tante. Una di queste è, appunto, la contrapposizione tra Dio e il prossimo, la tentazione di privilegiare l’uno rispetto all’altro e di stare distanti sia dall’uno che dall’altro. Sadducei e Farisei si uniscono per metterlo alla prova, come Pilato ed Erode che diventano amici mossi da trame maligne contro Gesù. I due amori diventano addirittura occasione e argomento per tendere un ulteriore tranello.

La separazione tra i due amori si manifesta anche a noi come tentazione quando dobbiamo scegliere tra preghiera e operosità; oppure quando ci chiediamo qual è l’attenzione da privilegiare, se il servizio ai poveri o l’annuncio del Vangelo; ogni tanto qualcuno ci chiede se deve celebrare l’Eucaristia domenicale o assistere un ammalato. Talvolta, è vero, queste domande sono pretestuose, servono per giustificare una scelta già fatta o una certa indolenza, ma spesso il problema si pone in coscienza, forte, e chiede una risposta.

Appena ti fermi per pregare, ritagliando uno spazio nella giornata che con determinazione vuoi dedicare alla preghiera, ti ricordi di tutte le cose che ci sono da fare e che si presentano alla tua mente con una forza così attraente che solo con l’aiuto di fratelli e sorelle che pregano con te o con un particolare cammino formativo, quale quello del seminario, riesci a governare.

Oggi stiamo vivendo il mistero dell’ordinazione diaconale per la nostra Chiesa e questa esperienza ci può aiutare ad accogliere più profondamente la Parola celebrata.

Il diacono, infatti, è icona dell’incontro tra l’amore di Dio e l’amore per il prossimo. Egli ama Dio servendo. Il suo servizio è preghiera e dà testimonianza di amore per Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente. Il servire è forma della sua preghiera, è il suo modo particolare, carismatico direi, con il quale ama il Signore. Il diacono annuncia il Vangelo e racconta di Dio testimoniando nella sua vita quotidiana che Dio sceglie chi è debole, fragile, povero, ammalato. Lui, diacono della Chiesa, annuncia attraverso la ricerca della loro compagnia e vicinanza, facendosi prossimo come Gesù ci ha raccontato nella parabola del buon Samaritano. Ci testimonia che quando un povero grida, il Signore lo ascolta – come è stato proclamato nella prima lettura – tanto che un diacono gli si fa vicino, se ne prende cura, lo riaccompagna verso le relazioni fraterne da cui è stato escluso: il diacono è figura di Dio che ascolta il grido del forestiero e di ogni prossimo.

Ricordate il gesto della donna che si china per profumare i piedi di Gesù e poi li asciuga con i suoi capelli? (cfr. Gv 12,3). Ricordate Gesù che si china per lavare i piedi dei suoi discepoli? (cfr. Gv 13,5). Di questi atteggiamenti di Gesù, volto del Padre, il diacono è testimonianza e memoria.

L’ordinazione dei diaconi è conferire autorevolezza a questi gesti perché più facilmente chi incontra la sua testimonianza risalga non a un volontario o benefattore, ma al Signore stesso. Tutti i cristiani sono chiamati a essere imitatori di Gesù e a vivere seguendo le sue orme. Ma per alcuni tra noi, la Chiesa stessa attesta che, pur nascosto tra povertà personali e miserie, riconosce il servizio di Gesù che continua oggi. Proclama pure che il servizio di Gesù e la sua consolazione non possono mancare; dice che noi abbiamo bisogno di essere serviti da Gesù e che, quindi, abbiamo imparato la lezione contenuta nel dialogo con Pietro: «Se non ti lavo i piedi non avrai parte con me» (Gv 13,8).

Signore, continua a servirci! Fa’ che, vedendo un diacono, ci ricordiamo della tua permanente disponibilità a servirci e a servire. Sappiamo che il diacono ci parla di te, tiene viva la memoria sulla tua testimonianza, ti avvicina alla nostra vita.

Anche Gesù è diacono. Questo è il titolo che lui stesso ha utilizzato per farsi conoscere: «Io sono in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27). Guardando a lui, nostro riferimento, possiamo riproporci la domanda: Gesù ha amato Dio o il prossimo, ha amato di più Dio o ha amato di più il prossimo? Tutti conosciamo la risposta, anche chi non avesse particolare dimestichezza con la Parola, perché la nostra stima per Gesù nasce proprio dall’annuncio, che qualcuno ci ha portato, che Gesù ci vuole bene, che si è fatto prossimo a noi; qualcuno ci ha detto che Gesù ama i poveri, i lebbrosi, gli sfiduciati, quelli che si sentono soli…, ama i peccatori. Posso dire che ama anche me. Non c’è relazione con lui, non c’è storia di fede, se non si accoglie questo suo amore.

Forse un po’ meno familiare è l’immagine di Gesù che ama Dio. Egli lo chiama “Padre”, “Abbà”; quando si proclama figlio, si ha notizia di profonda confidenza e di fiducia filiale.

L’amore pieno e sicuro di Gesù per il Padre lo porta a essere obbediente in tutto, fino alla fine, fino sulla Croce. L’obbedienza è la misura della sua fiducia e del suo amore per il Padre celeste. Egli si abbassa facendosi ultimo, piccolo, schiavo, diacono perché forte del suo amore per il Padre. Acquista particolare splendore il salmo, se lo pensiamo preghiera di Gesù: «Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo» (Sal 18,2s.). Gesù ama perché è amato. Serve i poveri perché vive di questa relazione profonda e incoraggiante con Dio. Il diacono Gesù ama i poveri perché ama Dio; amando il prossimo obbedisce al Padre e si affida a Lui. È preghiera!

Possiamo dire che più ama Dio più ama il prossimo. In lui non c’è concorrenza tra amore di Dio e amore del prossimo ma reciprocità. Il solo concorrente è il diavolo che separa l’uno dall’altro e che pone sul piedistallo il nostro “io”.

In questa esperienza, il cammino di conversione di un diacono e della Chiesa intera non è mai concluso: un cristiano, e soprattutto un diacono, ha bisogno di frequentare il prossimo soprattutto nelle sue povertà esistenziali. Gli spazi del servizio di un diacono sono quelli del mondo e della società, sono le nostre strade e le nostre case. Là dove ci sono poveri, dove ci sono ingiustizie, dove ci sono sofferenze, dove ci sono contraddizioni, là dove c’è qualcuno da amare, un diacono è inviato come segno dell’amore di Dio, con quella forza dell’amore che lui ha sperimentato nella sua relazione personale con Dio. È mandato dalla Chiesa e per conto della Chiesa e di quelle comunità di discepoli che tengono vivo il Vangelo con la loro fraternità in tutti gli angoli della vita (periferie).

Essendo stato in mezzo al mondo e avendo sporcato le sue mani con la polvere depositata sui piedi dei nostri fratelli e della nostre sorelle che sono nella sofferenza e sommersi da difficoltà, può tornare in comunità e prendere posto nell’assemblea liturgica con una visibilità che sembrerebbe esagerata e che può essere ritenuta inutile. Il suo vestito più bello però è costituito dalla sua storia di servizio, dagli incontri che ha avuto con il prossimo e con i poveri che lo abitano, dall’amore che ha potuto narrare con i suoi poveri gesti. Il diacono è tale fuori dalle chiese. Proprio perché fuori da chiese e sagrestie, da circoli elitari e specialistici, proprio perché si sporca le mani toccando i piedi degli altri, perché si immerge nelle povertà e nei crocicchi, il suo posto diventa importante nella liturgia e viene collocato come segno del permanente servizio di Gesù. Più si è sporcato le mani con i poveri, più il suo vestito è adeguato e rende vera la celebrazione della Pasqua di Gesù quando Gesù ha amato i suoi e tutti fino alla morte (cfr. Gv 13,1). E il Padre si è compiaciuto di lui e ha esaltato il suo nome al di sopra di ogni altro nome (cfr. Fil 2,9).

Lo Spirito Santo che anima la Chiesa e la accompagna nel suo cammino verso la patria, completerà l’opera aprendoci gli occhi, com’era successo al cieco nato (cfr. Gv 9,7), dandoci la capacità di visione: nel ministro ordinato accogliamo il segno della fedeltà del Signore risorto alla sua Chiesa e il continuo invito a servire il Padre amando i poveri, e ad amare il Padre servendo i poveri.

È importante la presenza dei diaconi in quelle epifanie del mistero della Chiesa che sono la liturgia; è importante perché sono vita che viene consegnata insieme con il pane e il vino.

In questo gioco di incontri tra amore di Dio e amore del prossimo che si fondono, tra l’agire nella società e l’agire liturgico che si richiamano, tra il servire a tavola e l’ascoltare Gesù ponendosi ai suoi piedi, emergiamo anche noi, qui presenti per amicizia, fratellanza e per parentela.

C’è il seminario e la parrocchia di Limena, con la famiglia e gli amici, per Nicola, sono presenti tanti frati minori che accompagnano i loro confratelli Antonio e Andrea. E alle loro spalle, immagino la presenza dei loro familiari e amici.

C’è la parrocchia di Bagnoli di Sopra, che sta vivendo la presenza e l’accoglienza di molti profughi; la parrocchia di Cazzago, che mi ricorda il recente tornado; la parrocchia di Rossano Veneto molto popolosa; la parrocchia di Carbonara con la sofferenza che sta attraversando. Già guardando alla nostra vita e al nostro territorio abbiamo la possibilità di coinvolgerci in tanti servizi di donazione per Gesù.

Con le parrocchie vedo e saluto le famiglie dei diaconi, in particolare i figli e le mogli; saluto e ringrazio i parroci per aver guidato le comunità fino a far emergere queste vocazioni. Ho come la percezione che quella del diaconato non in vista del presbiterato, sia l’edizione più significativa dell’esperienza diaconale.

Il Signore chiama, benedice, santifica, consacra questi suoi eletti per noi, per le nostre parrocchie e comunità perché siano comunità diaconali, perché le nostre famiglie seguano Gesù diacono.

C’è anche uno spazio personale, che riguarda proprio ciascuno di noi. Ogni diacono è come una voce che grida o sussurra: “vieni e seguimi! Ama Dio e il prossimo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente. Come Gesù. Da questo dipendono tutta la legge e i profeti” (cfr. Mt 22,37-40).

+ Claudio, vescovo