Comunità che genera alla vocazione

La domenica 15 maggio, IV domenica di Pasqua, che presenta nel Vangelo (Gv 10,1-10) la figura di Gesù Buon Pastore, è dedicata in modo particolare a riflettere e a pregare per le vocazioni di speciale consacrazione, cioè al ministero sacerdotale e alla sequela radicale di Cristo con i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza.

Vorrei invitare le parrocchie e le comunità a rinnovare l’impegno per essere «grembo fecondo che genera alla fede» ed alla vocazione di sequela radicale di Cristo.

 

1.            Rendersi consapevoli della necessità di pregare per le vocazioni

Nella vita, sia della Chiesa che della società, noi avvertiamo necessità e carenze di vario genere. V’è anche una particolare necessità: quella del prete, avvertita soprattutto quando, in una parrocchia, non c’è più il prete residente; allora quella comunità si sente come orfana e impoverita.

Il Vangelo narra che un giorno Gesù vide le folle che erano stanche e disorientate «come pecore che non hanno pastore» (Mt 9,36). Non è forse, sotto vari aspetti, anche la situazione odierna?

Ebbene Gesù, per rispondere alla grave necessità di una guida esemplare e sicura che indichi il vero cammino della vita, e della vita eterna che cosa propone?

Ecco le sue parole: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate, dunque, il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!» (Mt 9,37-38).

Queste parole di Gesù sono comprensibili allo sguardo della fede che ci fa percepire le necessità più gravi e urgenti, che sono quelle del Regno di Dio, di ordine spirituale. Se non viene il Regno di Dio non verrà una società migliore, la giustizia, la pace, la speranza.

Il pregare il Signore della messe per le vocazioni nasce da una visione di fede; nasce dal desiderio che venga il Regno di Dio. La preghiera per le vocazioni misura il livello di fede di una parrocchia. Qual è questo livello? Quanto tempo passiamo in ginocchio per chiedere le vocazioni? Altrimenti che senso ha chiedere preti al vescovo o lamentarsi?

C’è un altro fatto che non possiamo trascurare: il venir meno delle suore a cui ci si è, ormai, abituati. Eppure esso dovrebbe interpellarci, perché è in gioco la visione e l’ideale della donna. All’interno della Chiesa non può mancare “l’umanità femminile” che, nei suoi tratti specifici, fa scoprire l’accoglienza e il dono. E la pastorale vocazionale è chiamata a valorizzare e far emergere quali sono le aspirazioni profonde che interpellano le giovani d’oggi.

Faccio appello ai presbiteri, ai diaconi, ai Consigli pastorali perché promuovano nella parrocchia la preghiera per le vocazioni, in primo luogo il primo giovedì del mese, ma anche in altre occasioni. Nelle visite pastorali, in tutti i Vicariati ho presieduto una Veglia di preghiera per le Vocazioni. Spesso sono rimasto deluso per la scarsa partecipazione. È tempo di svegliarsi prima che sia troppo tardi.

I parroci e i Consigli pastorali sono chiamati ad una responsabilità particolare nel promuovere le vocazioni al ministero sacro e di speciale consacrazione. Senza questi carismi dello Spirito Santo, viene a mancare una testimonianza efficace di Cristo e del Vangelo. Le parrocchie che da decenni non hanno espresso alcuna vocazione dovrebbero seriamente interrogarsi sulle cause di questa sterilità.

Invito coloro che lodevolmente sono impegnati nell’adorazione eucaristica a chiedere insistentemente al Signore il dono delle Vocazioni.

Così pure nella recita del Santo Rosario nel mese di maggio, preghiamo con fervore e fiducia Maria perché ottenga dal Signore la grazia di numerosi e santi sacerdoti e persone consacrate.

 

2.            La famiglia: culla della vita e delle vocazioni

La famiglia, quale “chiesa domestica”, è il grembo originario in cui sboccia la vocazione.

È sempre Dio che fa sentire la sua chiamata. Questa chiamata, tuttavia, è come un piccolo seme che, per attecchire e germinare, ha bisogno di un terreno adatto. Esso è primariamente e normalmente la famiglia.

La pastorale vocazionale non può, dunque, prescindere dalla pastorale familiare. Sotto questo punto di vista, la situazione presenta aspetti problematici che richiedono una cura particolare.

È da rilevare, anzitutto, che il calo delle nascite rappresenta la causa principale del calo delle vocazioni. Quello che è importante considerare è che, se in alcuni casi, sono fattori di ordine economico a causare la de-natalità, per altri è da ravvisare una chiusura egoistica ed edonistica nel benessere e una crisi di speranza.

Occorre poi considerare il mutamento intervenuto nella relazione tra genitori e figli. Questi sono frutto dell’amore, oppure oggetto del “desiderio” dei genitori, i quali tendono ad essere incombenti o possessivi e a proiettare sui figli le proprie aspirazioni? Di qui può sorgere la contrarietà e il rifiuto opposto, in certi casi, alla vocazione del figlio.

Rivolgo un caldo appello ai genitori perché non contrastino la libera scelta dei figli. Sappiano che la Chiesa stessa – tramite gli educatori dei Seminari e dei Noviziati – passa a rigoroso vaglio la consistenza della vocazione.

È chiaro che la crisi del matrimonio, la sua fragilità, ha riflessi negativi per la vocazione. A questo si aggiunge il disimpegno educativo, per cui si determina una difficoltà o incapacità di trasmettere i valori e il senso cristiano della vita, che formano la base per avvertire la chiamata di Dio.

Una realistica ripresa delle vocazioni dipende, dunque, da una vigorosa pastorale della famiglia. Non dobbiamo rassegnarci all’attuale situazione di crisi e di degrado, di disimpegno educativo, ma rispondervi con proposte positive e lungimiranti di rinnovamento della vita di fede.

Un segno positivo può avvenire dalle famiglie di immigrati. Già abbiamo avuto casi di ordinazioni sacerdotali di giovani non originari del nostro territorio. Auspico e prego perché le comunità cattoliche etniche possano esprimere vocazioni al ministero sacerdotale e alla sequela radicale di Cristo.

 

3.            I giovani: puntare in alto senza paura

La proposta vocazionale è rivolta direttamente ad adolescenti e giovani. In questa prospettiva è necessario, anzitutto, curare l’educazione “alla vita buona del Vangelo” con proposte formative coinvolgenti e robuste. A volte si ha l’impressione di una certa superficialità e frammentarietà. Vorrei invitare a proporre esperienze intense di vita di fede, di preghiera, la confessione e la direzione spirituale come momento privilegiato per discernere e proporre la vocazione confidando maggiormente nella grazia dello Spirito Santo. Un’esperienza importante da proporre e che incoraggio – già alcuni presbiteri la stanno realizzando – è quella di una settimana residenziale con un programma di vita spirituale.

Gesù ad ogni persona che incontrava, con fiducia proponeva un cambiamento in meglio, un ideale di vita più elevato. Ha chiamato a seguirlo lasciando ogni cosa giovani impegnati nelle loro occupazioni e sensibili agli ideali. Oggi chiama i giovani del nostro tempo con la stessa fiducia.

Ai giovani vorrei dire: non chiudetevi in un orizzonte ego-centrico ristretto, spalancate le porte del vostro cuore a Cristo, lasciatevi affascinare da Lui, non abbiate paura di donare la vostra vita per la causa più necessaria; abbiate fiducia nella potenza dell’amore di Gesù. C’è un bisogno immenso di chi annunci agli uomini d’oggi l’Amore misericordioso di Dio che li liberi dagli idoli e dalle tante dipendenze, di chi accenda la speranza e doni la pace a tanti cuori inquieti, delusi e sfiduciati. Il senso vero della vita l’avete trovato quando avete scoperto non solo una ragione per vivere ma, ancor più, per donare la vita. E se la donate a Cristo e al servizio del Suo Regno, avrete fatto la “scelta migliore”. Il Signore non abbandona mai chi decide di seguirlo. Ancor più, il Signore sa come valorizzare la nostra personalità e i talenti che ci ha dato, meglio di quanto possiamo fare noi stessi.

 

4.                  Superare la cultura dello zapping

Una difficoltà particolare indotta dalla diffusa mentalità odierna è l’indisponibilità a prendere decisioni nette che impegnano tutta la vita. La persona, spesso, appare chiusa in una ricerca di autonomia e nel narcisismo, considerando tutto nella prospettiva della propria auto-realizzazione. Questo atteggiamento ego-centrato non corrisponde alla verità della persona, perché essa è apertura e si realizza nel dono di sé. Per questo diventa sterile e insoddisfacente se rinchiude l’Io nella ricerca di sé e delle proprie soddisfazioni. L’apertura agli altri e all’Altro dilata gli spazi e l’orizzonte dell’anima verso l’Infinito.

C’è poi un’idea sbagliata di libertà. È davvero libero chi sa decidere e decidersi; se la libertà rimane sempre in stato di sospensione a fare zapping tra le svariate possibilità, rimane bloccata su se stessa, ferma al punto di partenza.

In verità, l’uomo assume il volto della sua vocazione, realizza se stesso nelle scelte più alte e decisive della vita. Chi non sa decidere, in realtà decide di sfuggire a se stesso.

Gesù ha descritto con due immagini l’atteggiamento che blocca la scelta di seguirlo: «Le volpi hanno le loro  tane, gli uccelli del cielo i loro nidi» (Lc 9,58). La tana è la ricerca di sicurezza. Il nido è la ricerca di benessere e del calore dell’affettività.

Sulla base anche della mia esperienza personale, vorrei dirvi che non c’è sicurezza maggiore di quella di consacrare a Cristo la propria vita e di fidarsi di Lui. Quanto agli affetti, chi segue Cristo non resta solo, ma trova una nuova famiglia, una fraternità, e se dona il suo cuore a Cristo, questi lo riempirà del suo amore.

 

5.                  Testimoni ricolmi di Spirito, credibili, instancabili nel dono di sé

La vocazione alla fede viene da Dio, ma si sprigiona soprattutto dalla testimonianza, dal contagio benefico di chi crede; così la vocazione al ministero e alla sequela radicale di Cristo generalmente nasce dalla testimonianza di vita di chi ha fatto questa scelta e da comunità che vivono la fede ad alta temperatura.

Grazie a Dio non ci mancano i testimoni. Abbiamo appena visto l’evento grandioso della beatificazione di Giovanni Paolo II e assistito alla visita del Papa Benedetti XVI con una vasta partecipazione di popolo. Dio risponde alle necessità e alle sfide della nostra società suscitando personalità di alto profilo spirituale, appassionati di Gesù Cristo e dell’uomo.

È uscita nel mese scorso la pubblicazione “Semplicemente prete – Volti diversi di santità quotidiana” – a cura dell’Istituto San Luca – che presenta vari profili di preti diocesani che hanno testimoniato con passione Gesù Cristo, che hanno iscritto il Vangelo nel nostro territorio e nella nostra storia.

Sostenuti da questo stuolo di testimoni (cf. Eb 12,1) viviamo con fedeltà, con generosità, con entusiasmo la nostra vocazione. Tendiamo in alto, diffondiamo ovunque la Parola del Vangelo, manteniamo viva la speranza contro ogni pessimismo. Che ciascuno di noi faccia propria la fiducia di Paolo «Tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4,13).

 

X Antonio Mattiazzo

vescovo di Padova