Il pane di Sant’Antonio
In occasione della festa di Sant’Antonio di Padova, desidero rivolgere a tutti un messaggio ispirato alla vita e agli insegnamenti del Patrono della nostra Città. Da quando ho assunto la guida pastorale della Diocesi, ogni anno ho proposto un messaggio. È stato il segno dell’amore che nutro per la Città, del desiderio che, nel turbinio delle vicende del tempo, Essa rimanga fedele alla sua alta vocazione storica di “Città del Santo”, un impegno della mia preghiera perché goda sempre della protezione del Santo.
Quest’anno propongo una riflessione su “Il Pane di Sant’Antonio”.
1 – Il pane dei poveri
Tra le raffigurazioni di Sant’Antonio di Padova, vorrei rilevarne una: è quella del Santo che tiene in una mano un libro e nell’altra un pane. Il libro è il Vangelo che segnò tutta la sua esperienza di vita; il pane è il simbolo di Antonio che cerca l’uomo bisognoso, il povero, l’affamato. Cercando Dio nelle pagine del Vangelo, lo ha scoperto nascosto nel mendicante.
Ispirate da Sant’Antonio sono sorte le opere del “Pane dei poveri”, quella gestita dai Frati Conventuali (in via Orto Botanico, 7), e quella amministrata dall’Associazione Universale Sant’Antonio (in via Cappelli, 28), che distribuiscono giornalmente quintali di pane fresco ai poveri, senza discriminazione di nazionalità e di religione. È da ricordare, inoltre, che diverse Congregazioni religiose e parrocchie provvedono a donare alimenti ai poveri. Queste opere, insieme alle “Cucine popolari” gestite dalla Diocesi, dovrebbero aprirci gli occhi per renderci conto che, se c’è una Padova opulenta e sprecona, ne esiste anche un’altra composta da poveri e bisognosi , ed è la carità operosa e silenziosa quella che dà loro il pane necessario. «I poveri li avrete sempre con voi» (Mc 14,7; Mt 26,11) ci ha avvertiti il Signore. E ai suoi discepoli ha detto: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 8,37). Non è un peccato essere poveri, ma è peccato essere indifferenti ed egoisti.
La globalizzazione, condizione di miseria, conflitti e terrorismo che affliggono alcune Nazioni, spingono molte persone ad abbandonare la loro patria per cercare condizioni più umane di vita. Ricordiamo che Sant’Antonio stesso giunse in Italia come “straniero”, imbarcatosi in Africa e approdato in Sicilia dopo un naufragio. La preoccupazione per la sicurezza non dovrebbe escludere la virtù e il dovere dell’umanità e della solidarietà e non far dimenticare le responsabilità e le carenze della cooperazione internazionale. È strano, poi, che qualcuno accusi gli stranieri di spaccio della droga, ma tacendo che sono cittadini italiani che la comprano, oppure che profittano delle donne straniere.
Dalla Bibbia e da Sant’Antonio cogliamo un altro insegnamento: il pane, cioè il nostro sostentamento, dobbiamo procurarcelo con il lavoro onesto, non con il gioco d’azzardo o altri mezzi illeciti oppure vivendo nell’ozio a carico degli altri. Una preghiera biblica così si rivolge al Signore: «Non darmi povertà o ricchezza, ma fammi avere il mio pezzo di pane, perché, una volta sazio, io non ti rinneghi e dica: “Chi è il Signore”, oppure, ridotto all’indigenza, non rubi e abusi del nome del mio Dio» (Pro 30,8-9).
Gesù, nel “Padre nostro”, ci fa chiedere: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano» (Mt 6,11). Notiamo che è preghiera di figli dello stesso Padre e, quindi, che si sentono fratelli e perciò chiamati a condividere il pane. Nel modello di comunità cristiana, descritto da San Luca e che Sant’Antonio ha vissuto, i discepoli spezzano con gioia il pane della condivisione fraterna e in tal modo «… nessuno tra loro era bisognoso» (At 2,42-47; 4,32-35) Ecco indicato lo stile di vita da adottare: sobrietà e condivisione.
2 – Il pane della Parola di Dio
Sant’Antonio, così premuroso verso i poveri che mancavano del pane per il sostentamento del corpo, ha svolto un’intensa attività di predicatore per offrire il pane del Vangelo a nutrimento dello spirito. Egli conosceva bene che «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Sapeva che si può essere sazi nel corpo ma vuoti nello spirito e che senza un sano e sostanzioso nutrimento spirituale, l’uomo non è capace di compiere sempre il bene e non cedere alle tendenze e suggestioni del male. La situazione più seria e pericolosa è quando non si avverte il bisogno proprio dello spirito e non lo si alimenta. Il nostro spirito, in effetti, è aperto sull’Infinito e sull’Eterno, verso Dio, che è Verità, Amore, Sorgente di Luce, di Giustizia, di Pace, di Vita eterna. Tutti i beni di questo mondo e della cultura non bastano a saziare la fame dello spirito. Questo lo avverte chi riflette in profondità e non si adagia sulla superficialità e sulla ricerca di banale consumismo.
Sant’Antonio ha offerto in abbondanza il pane della Parola di Dio ed ha orientato all’incontro e alla comunione con Gesù «Pane della vita» (Gv 6,35) per saziare la fame di Dio e di vita immortale.
La comunità cristiana, sull’esempio del Santo, deve sentirsi interpellata a offrire oggi il pane sostanzioso e gustoso della Parola di Dio per saziare la fame di senso della vita. A volte si tratterà, anzitutto, di risvegliare il desiderio nelle anime assopite, languenti o frustrate. I Presbiteri, i Diaconi e i Catechisti impegnati nell’iniziazione cristiana implorino da Sant’Antonio saggezza e intraprendenza per svolgere con fervore il loro prezioso servizio.
Abbiamo in Diocesi varie Case di Spiritualità, in un certo senso specializzate per offrire alimento allo spirito. Spetta a esse saper discernere e intercettare le profonde esigenze odierne e rispondervi con proposte di qualità.
3 – Il pane dell’unità
Il pane è un simbolo di unità. Esso, infatti, è formato da molti grani di frumento impastati insieme. È simbolo ed espressione di unità, in secondo luogo, perché unisce insieme le persone intorno alla stessa mensa. L’unità, significata dal pane, risulta da una molteplicità e diversità non in contrasto, ma riunite in concordia.
Il Santo, in uno dei suoi Sermoni, cita e commenta un detto del libro del Siracide: «Di tre cose si è sempre compiaciuto il mio animo, e sono gradite a Dio e agli uomini: la concordia tra fratelli, l’amore verso i vicini, l’armonia tra marito e moglie» (Sir 25,1-2, versione della Vulgata). È un bel programma da praticare.
In un altro Sermone commenta l’esortazione di san Paolo: «Cercate di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace» (Ef 4,3). A Sant’Antonio stava moltissimo a cuore l’unità e la concordia. Egli era, d’altra parte, perfettamente consapevole che il diavolo tenta sempre gli esseri umani per spezzare il bene dell’unità, seminando la zizzania della divisione e della discordia.
La città che Sant’Antonio ha tanto amato e alla quale ha annunciato il Vangelo della fratellanza universale e della pace è chiamata a tendere a superare le divisioni e i contrasti per vivere rapporti di serenità e di concordia.
Oggi viviamo in una città dal volto multietnico, multiculturale e multireligioso. Essere cattolici significa pensare e agire “secondo il tutto” sapendo riconoscere il bene ovunque si trovi.
Molto importante è lo “sguardo” con cui vediamo gli altri, lo sguardo che nasce dal cuore e manifesta i nostri sentimenti profondi.
Sono da modificare e convertire:
- lo sguardo indifferente: non percepisce la situazione dell’altro
- lo sguardo narcisista: vede tutto e solo in funzione di sé
- lo sguardo pauroso: vede dappertutto pericoli e minacce
- lo sguardo altezzoso: vede gli altri con senso di superiorità.
Sono da coltivare e educare :
- lo sguardo benevolo: ispirato da un cuore buono
- lo sguardo accogliente: che sa “ospitare” l’altro in sé
- lo sguardo comunicativo: aperto al dialogo
- lo sguardo sorridente: che ispira fiducia.
Le Autorità istituzionali dovrebbero avere uno sguardo non parziale, ma comprensivo di tutti i cittadini, con particolare attenzione verso i più deboli e bisognosi.
Un ruolo propositivo di unità e di concordia sono chiamate a svolgere le parrocchie e le comunità religiose, le associazioni e i movimenti inseriti nel tessuto della Città e collegati a rete nella “pastorale cittadina”. Chiediamo loro che, ispirandosi a Sant’Antonio e con la sua intercessione, sappiano testimoniare e promuovere al loro interno, in comunione tra loro e nella azione pastorale, lo spirito di condivisione, di concordia e di amicizia.
Auguro a tutti di celebrare con gioia la festa di Sant’Antonio e di ricorrere con fiducia alla sua intercessione. Nel celebrare l’Eucaristia alla Basilica del Santo, porterò nel cuore tutti voi, specialmente i poveri e i sofferenti nel corpo e nello spirito.
Antonio, vescovo
Padova, 13 giugno 2015