Il vescovo di Padova Claudio

Che cosa è successo in questa stupenda Chiesa del Signore radunata in questa bella basilica?
L’evento di Grazia che ci ha coinvolti e che si è manifestato tramite silenzi, parole e gesti, volti di uomini e donne, presenze spirituali, ritmi e canti, mi porta a dire Grazie: Lode al Padre, al Figlio, allo Spirito, lode a Gesù e alla sua potente presenza di Risorto in mezzo a noi. Onore alla santa Chiesa custode di queste meraviglie. 
Questa esperienza che ha provocato in me qualcosa di nuovo, sarà conservata a lungo nel cuore di tutti; e avremo bisogno di tempo, di anni per poter comprendere con la ragione ciò che i nostri sensi oggi hanno   ‘toccato’ e che la fede, come sguardo profondo, ci fa vedere. 
Così è il mistero di Dio: prende e avvolge, e poi lo scopri. Così è di una comunità, di un’amicizia: le conosci, le frequenti e poi le comprendi e le apprezzi.     
Inizio dai motivi del grazie che riguardano me, la mia persona perché sono al centro dell’attenzione della Chiesa; mi perdonerete per questo!  Ma invito ciascuno di voi a fare altrettanto andando a casa.
Io ho ricevuto un anello e ho ricevuto un pastorale. 
L’anello mi assimila agli sposi, il pastorale ai pastori.
D. Bonhoffer ha sottolineato come il matrimonio sia punto di arrivo di un cammino e che manifesta innanzitutto la grandezza di un uomo e di una donna che sanno dire un “SÍ”. Un “sì” adulto, robusto, con alle spalle il percorso della vita: la famiglia di origine, le relazioni di affetto, l’educazione del carattere, della volontà. Questo “sì” ha alle spalle una vita concreta, anni e luoghi, incontri ed esperienze.
Anche il mio anello, come quello degli sposi, desidero che sia segno di una storia: quella della mia vita a Mantova, del sangue mantovano che mi ha animato. Ho detto “Sì” al Signore e alla Chiesa perché questa terra ha formato il mio carattere, la mia sensibilità, il mio cuore. È un “sì” mantovano: grazie dunque Mantova, grazie alla tua storia, alla tua terra, al tuo cielo… alla tua gente. Qui il Signore mi ha seminato ed in questa terra mi ha educato e formato, in mezzo alla storia e ai volti mantovani. Grazie, Mantova!
Dentro questa terra e storia mantovane sono stato affidato ad una madre: la mia Chiesa diocesana; le ho voluto bene perché mi ha voluto bene: è stata veramente madre.
Si è manifestata con il volto di tanti uomini e donne, ma tramite essi era la santa Madre Chiesa che si prendeva cura di me: i nonni mi hanno insegnato il segno della croce proprio nei primi anni della mia vita; la Sacca di Goito, con la messa nel garage a cui partecipavo controvoglia, mi ha insegnato l’esistenza delle comunità cristiane; i cinque continenti di Castiglione con il Signor Mazzo e Mario che immagino qui presente, don Rosa e le amicizie di Ognissanti, sant’Antonio…
Una sera ho visto mio papà farsi il segno della croce mentre andava a letto; lui non si era accorto che io stavo passando e quindi non voleva darmi il buon esempio: in quell’occasione ho aperto gli occhi alla fede e riconosco che era la Chiesa che mi stava generando e educando alla fede in Gesù.
Non posso non ricordare i tanti anziani, giovani, bambini, uomini e donne, poveri e ricchi, ammalati, immigrati, amici e amiche, scout, comunità parrocchiali, la Caritas, uomini e donne consacrati, preti e diaconi e vescovi che hanno via via esercitato e interpretato verso di me il compito materno e paterno, il ministero di generare: questa è stata per me la santa madre Chiesa di Mantova.
Per non dimenticare nessuno, proprio nessuno di essa, ringrazio il vescovo Roberto che oggi la presiede e che è segno visibile di questa maternità ecclesiale. In lui ci siete tutti, in lui ringrazio tutta la chiesa di Mantova, anche quella comunità celeste e gloriosa – ben più numerosa – i cui componenti sono stati invitati da questa assemblea ad unirsi alle nostre invocazioni.  Essi sono già in cielo e sono in comunione con noi. 
Sì, perché questa madre è ben più gloriosa di quanto possiamo immaginare, nasce dal cielo e al cielo ritorna. E sono orgoglioso di esserne figlio per sempre. 
Ricevo questo anello come segno sponsale di comunione con un’altra Chiesa, una Chiesa sorella che mi accoglie. Le Chiese sono unite e legate nell’amore di Cristo: la Chiesa di Mantova, obbediente alla volontà del santo Padre Francesco che presiede nella carità e che ringrazio per l’immeritata fiducia, mi consegna all’abbraccio della Chiesa di Padova; nulla si perde in questo passaggio che mi fa partire da dove sono cresciuto per giungere dove continuerò a crescere come credente e come servitore.  
Grazie, Chiesa di Mantova! Mi ricorderò sempre di te, non temere, cercherò di essere bravo!
Il pastorale indica il mio futuro di uomo e di cristiano chiamato a servire e ad amare come diacono, come prete e come vescovo. Nel ricciolo è rappresentato un agnello vittorioso che affronta con potenza il serpente antico. L’amore vince l’odio! Il Cristo stesso, elevato da terra, attira tutti a sé e salva.
Il pastorale è segno di Gesù, il Vivente, il vittorioso, il Pastore buono e bello, l’unico vero Pastore della Chiesa. A me è affidato dalla Chiesa il compito di mostrare Gesù, i suoi sentimenti, le sue attenzioni, le sue priorità. Anzi: è Lui che vuole donarsi, mostrare le sue attenzioni, il suo affetto per tutti. Attraverso di me!
E’ un ministero fine e delicato: devo dedicare tutta la vita e tutto della mia vita. Sono disponibile!
Ringrazio tutte le altre Chiese diocesane qui presenti: quelle del triveneto rappresentate dai loro pastori e dal fratello vescovo Francesco, patriarca di Venezia; quelle del nostro paese, l’Italia, rappresentate dal fratello vescovo Nunzio.
Ringrazio tutti voi: chi ha svolto un servizio e chi ha vissuto il servizio della intercessione e della preghiera. Come al solito non faccio elenchi che in questa occasione sarebbero interminabili e incompleti. Grazie a tutti, a ciascuno e a ciascuna.
Che cosa è successo? La vostra preghiera unita a quella dei santi e delle sante, ha trasformato un coccio, un debole vaso di creta, un po’ sgretolato, in un contenitore di Grazia e di Potenza nello Spirito di Gesù.
Anch’io mi nascondo dietro al Pastorale quando parla il Signore, mi devo impreziosire con queste vesti perché non vediate più me e la mia umanità e la mia povertà, ma Gesù stesso, il Signore fedele, attento alla pecorella smarrita e a quella stanca. 
Le mie mani, i miei piedi, le mie parole, pur essendo mie, stanche e screpolate, saranno mani, piedi e parole di Gesù! Dovranno annunciare che il pastore buono e fedele non ci ha abbandonati. Mostrerò lui e il suo volto. Se ne sarò capace, è chiaro che non sarà per merito mio!
O Signore, che io sia chiamato a tanto è cosa straordinaria: questo è un miracolo! A te la mia lode, a te la mia vita!
Andrò a Padova e amerò come fratelli e sorelle tutti i tuoi fratelli e le tue sorelle, i privilegiati saranno i più deboli: lo farò nel tuo nome e con la tua forza. Cercherò lì la mia gioia! 
Risponderò alla tua chiamata amando, amando, amando… come Pietro: alla luce delle mie debolezze, ricco solo del tuo mandato!
 Anche per me sono le parole del Vangelo che ho scelto come luce e guida per il mio servizio: coraggio, alzati, ti chiama
Ma è mia anche l’invocazione di Bartimeo: Figlio di Davide, Gesù, Signore, abbia pietà di me!