XXVI Giornata mondiale della vita consacrata

Mercoledì 2 febbraio 2022 – Padova, basilica Cattedrale

Il vescovo Claudio ha presieduto oggi, mercoledì 2 febbraio 2022, festa della Presentazione del Signore e XXVI giornata mondiale della vita consacrata, la solenne celebrazione dell’Eucaristia in Cattedrale a Padova.

Al termine della celebrazione il vescovo Claudio ha ringraziato mons. Alberto Albertin per aver terminato il suo incarico come delegato per la vita consacrata che ora verrà ricoperto da don Antonio Oriente.

Di seguito l’omelia del vescovo Claudio (audio e testo)

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La festa di oggi ci presenta l’incontro tra Gesù e Simeone e poi tra Gesù e Anna. Gesù viene portato al Tempio da Giuseppe e da Maria.

Di Giuseppe conosciamo tutta la genealogia secondo la carne e il sangue. In essa vediamo la storia, la nostra storia di uomini e di donne. Constatiamo che la storia, nonostante la fragilità umana è capace di portare a Gesù. È storia di salvezza!  C’è anche Maria, madre di Gesù. È presente con la sua verginità e, proprio per la sua verginità, può generare il Figlio di Dio. E questo per dirci che Gesù discende dal cielo, come il dono del Padre che sta nei cieli: storia e grazia, umanità e divinità, terra e cielo si sono uniti e camminando insieme presentano al tempio il figlio dell’uomo e di Dio. Al tempio incontrano coloro che vivono nell’attesa della consolazione di Israele, un po’ come noi: in attesa della consolazione che viene dal Signore, secondo le promesse a cui abbiamo creduto.

L’incontro di Maria, Giuseppe e il bambino Gesù genera gioia e consolazione in Anna e in Simeone.

Nella gioia di Simeone vediamo espressa la certezza che la storia, l’uomo, la terra non sono abbandonati ma sono uniti e sposati con la Grazia, con il Cielo, con Dio. La Chiesa, comunità dei credenti, è rappresentata dalle braccia di Simeone che accolgono Gesù e lo stringono a sé con affetto e stupore: stupore e commozione caratterizzano l’incontro che diventa profondo, sincero, che diventa gesto che anticipa tante delle nostre storie spirituali. Adesso Simeone e Anna sono contenti, sereni! Possono dichiarare soddisfatta la loro attesa e andare in pace. Anche il mio corpo di uomo e di donna riposa al sicuro, è spazio di incontro tra cielo e terra.

L’incontro con Gesù, infatti, continua ad avvenire nella storia, nel tempo che passa: tanti uomini e donne lo hanno incontrato e hanno visto in lui il senso della loro vita, la fonte della gioia, il fine della ricerca.

Sarebbe molto arricchente raccontarci come noi, personalmente, abbiamo incontrato Gesù e come o da chi ci è stato posto tra le braccia: come abbiamo posato lo sguardo su lui e come il nostro cuore ha reagito. Sono certo che in questa nostra Chiesa non potremmo smettere di rendere lode.

Sono tanti i percorsi che rendono possibile l’incontro tra noi e il Signore Gesù: la vita, fatta di storia umana e di Grazia ci hanno fatto incontrare l’Atteso, la Luce, la Gloria. A me piace riunire i nostri percorsi in tre grandi filoni:

  1. Quello dei poveri e dei sofferenti: ad essi molti di voi si sono dedicati con una generosità inenarrabile: centinaia e migliaia di uomini e donne (lo) hanno cercato e trovato e continuato a cercare il Signore, tra i bambini, tra i poveri, tra gli ammalati, tra gli anziani. Qui in Italia, in Veneto, a Padova quando i nostri comuni erano poveri e voi gratuitamente avete iniziato a realizzare “opere” sociali come case di riposo, scuole materne, residenze per studenti universitari, presenza negli ospedali. Sapevamo che Gesù era lì e lo abbiamo accudito prendendolo tra le braccia. Così sono nati tanti Istituti e tante Congregazioni religiose.
  1. Un altro percorso è quello della preghiera, dei sacramenti: per la preghiera abbiamo dedicato ore e giorni; a volte consolati, a volte restando a lungo in attesa, fedelmente; monaci e monache in particolare, eremiti, vergini hanno testimoniato l’attesa fiduciosa e credente, notte e giorno senza stancarsi.
  1. Il terzo percorso dell’incontro da voi testimoniato è quello delle fraternità con il prezzo alto dell’obbedienza. Come sapete l’esperienza della vita comunitaria resta sempre uno straordinario appello, una profezia per la nostra società, orientata spesso più all’individualismo e alla esaltazione di se stessi che alla comunione. È una grande forma di profezia!

Tra i vari templi, alle cui porte è possibile prendere tra le braccia Gesù, c’è anche la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica che vive in questo territorio veneto e che definiamo Chiesa locale. Non si tratta di un insieme di realtà che casualmente si trovano accanto l’una all’altra ma di un vero soggetto spirituale, un nuovo corpo le cui membra sono i battezzati, il cui nutrimento sono la parola e il pane eucaristico, la cui missione è l’annuncio del Regno. Il Concilio definisce questa nuova realtà spirituale con un’infinità di immagini: popolo, gregge, campo di Dio, edificio di cui Gesù è la testata d’angolo, sposa, madre, tempio… e tantissimi altre metafore per dire che il suo mistero è incontenibile, vive, si rende visibile qui a Padova.

La Chiesa che è in Padova, con una storia precisa, con tradizioni e sensibilità proprie, con una sua esperienza di santità è il Cristo vivente, il Cristo incarnato!

La Chiesa che vive in Padova sta suonando da qualche tempo le campane. Suonano per convocare alla celebrazione del sinodo diocesano tutti i suoi figli e le sue figlie: li invita alla conversione verso il Signore; li chiama a incontrarsi con il Signore e a porre a lui quelle domande che non trovano risposte sufficienti nella nostra intelligenza, volontà. È come invocare e attendere la grazia proprio come Anna e Simeone. Con la consapevolezza che l’unità concreta di tutte le membra rende forte il suo corpo umano, quello fatto da noi.

Gli uomini e le donne di vita consacrata sono una testimonianza importante per la Chiesa che vive a Padova, non per i numeri ancora grandi, non i servizi ancora numerosi o per le opere ancora attive ma per la storia che ci lega e per il cammino vissuto insieme. E per il mistero di salvezza che ha preso carne in questa terra. Abbiamo appena celebrato, ad esempio, il centenario della presenza dei comboniani.

Suoniamo le campane per chiedere aiuto, lo fa il vescovo a nome di tutto il corpo, per avere indicazioni e suggerimenti, per essere sostenuti dalla vostra preghiera. Sappiamo che il diritto non ci autorizza a pretendere nulla ma sappiamo anche che l’affetto e la lunga storia condivisa ci permettono di bussare alla porta del vostro cuore e di sentirvi parte di noi, membra di questo corpo.

Siete presenza importante per la gente, per il nostro popolo che non fa molte distinzioni. Vorrei che ognuno di voi si sentisse sempre più coinvolto nella vita di questa nostra diocesi di cui è parte e conseguentemente di continuare ad assumersi la propria responsabilità nei confronti di questa Chiesa, corpo di Cristo. Vorrei chiedere anche a voi, specialmente a voi, che cosa possiamo fare perché la vostra presenza sia non soltanto funzionale al fare, alle attività, al lavoro, ma in ordine all’essere spirituale della Chiesa.

La Chiesa locale non è soltanto una tra le tante possibilità in cui essere mandati a lavorare per diffondere il proprio carisma peculiare, ma luogo di Grazia, tempio dove accogliere tra le braccia il bambino Gesù, presentato da Maria e da Giuseppe, dalla Grazia e dalla storia.

Ci sarà il Sinodo diocesano: molti di voi (penso) si sono già resi disponibili a dare un proprio personale contributo tramite gli spazi di dialogo a cui hanno aderito 15.000 cristiani guidati da circa 2.000 facilitatori. Di questo vi sono grato perché già dice la vostra attenzione. Alcuni tra voi saranno parte della assemblea sinodale e saranno invitati in quanto consacrati a contribuire a questa ricerca di un orizzonte per il futuro della nostra Chiesa locale: un orizzonte che ci viene posto tra le mani come Gesù è stato posto tra le braccia di Simeone di Anna.

A tutti però domando di accompagnare il cammino di questa nostra Chiesa con la preghiera e con l’invocazione dello Spirito santo perché sappiamo discernere la volontà del Signore e il nostro corpo ecclesiale sia trasparenza del corpo di Cristo.

+ Claudio Cipolla