Ici e Chiesa

Sul tema “Chiesa e ICI” molto si è detto e polemizzato, negli anni e ancor più ultimamente. E molti sembrano aver parlato senza essersi adeguatamente informati. Al di là di posizioni e “battaglie” ideologiche che rischiano solo di creare ulteriori fraintendimenti ed episodi spiacevoli come la scritta apparsa proprio ieri mattina sulla parete dell’edificio che ospita la Curia di Padova, la Chiesa di Padova conferma quanto già affermato in passato: ossia che paga le imposte sugli immobili così come prevede la legge. Per quanto riguarda l’esenzione i riferimenti normativi sono due: la legge del 1992 e il regolamento comunale, per Padova approvato nel 1998 e successivamente modificato con deliberazioni consiliari l’ultima delle quali risalente all’anno 2008.

Su questo tema il settimanale diocesano, La Difesa del popolo (www.difesapopolo.it), nel numero in uscita domenica 18 dicembre 2011, propone tre pagine in cui, con trasparenza, viene presentato l’ammontare dei pagamenti ICI della Chiesa di Padova per le quattro principali entità: Diocesi, Ente Seminario, Movimento apostolico diocesano, Istituto diocesano di sostentamento del clero. Un’operazione che attraverso i numeri cerca in primo luogo di informare quanti su questo tema si esprimono senza le adeguate documentazioni.
 
Chiarite le disposizioni di legge (nel box) , la Difesa del popolo afferma che sommando l’ICI pagata dalle prime quattro principali voci diocesane (Diocesi, Seminario, Mad e Istituto per il sostentamento del clero) e da 360 parrocchie su 459 (non tutte infatti si riferiscono al medesimo studio commercialista) «nel 2011 l’ICI dovuta e versata è stata pari a 660mila euro e spiccioli».
 
E l’inchiesta prosegue: «Sembra un paradosso, ma l’ICI la pagano anche le Cucine economiche popolari, e nemmeno poco: per l’esattezza sono 9.046 gli euro che gravano sulla struttura per via di una delle tante astrusità della legge. Non che manchi, evidentemente, la finalità assistenziale. Ma non essendo le cucine proprietarie dell’immobile, la norma non prevede esenzioni».
Complessivamente invece il MAD, Movimento apostolico diocesano, (associazione laicale ecclesiale), a cui fanno capo tra l’altro Casa Pio X e la multisala PIO X, ha pagato quest’anno per le sue proprietà 48.868 euro di ICI. Mentre per l’ente Diocesi: «la spesa ICI complessiva assomma nel 2011 a 32.400 euro. Sono esenti il Vescovado, le ex case canoniche adiacenti alle chiese del centro storico non più parrocchie (San Gaetano, San Luca, San Clemente, San Massimo, via San Pietro) in quanto pertinenze di luogo di culto e poche altre proprietà, tra cui i monasteri di Montegalda e Cogollo del Cengio, la Casa del clero dove risiedono i sacerdoti anziani, la Casa Madre Teresa di Calcutta a Rubano». Mentre l’ICI viene regolarmente pagata «per tutti i locali di piazza Duomo affittati a esercizi commerciali»: dalla pasticceria alla Libreria San Paolo Gregoriana, ecc., con l’unica agevolazione prevista dalla legge per tutti gli edifici vincolati dalla Sovrintendenza e quindi considerati di valore storico: cosa che vale per qualsiasi altro privato cittadino!
 
Regolarmente soggette al pagamento dell’ICI sono altre proprietà immobiliari affittate in città, come pure soggetto all’imposta comunale è lo stabile di via Cernaia che ospita Telechiara, la Difesa del popolo, Bluradio, Nordest pubblicità, Unitelm, su cui si pagano ben 10.305 euro.
L’ente Seminario paga regolarmente l’ICI sulle proprietà giunte nel corso del tempo sotto forma di lasciti o di investimenti. Complessivamente nel 2011 l’importo dell’ICI è stato di 36.160 euro. Per quanto riguarda l’Istituto diocesano sostentamento del clero, il cui patrimonio è utilizzato per statuto al sostentamento del clero, per il 2011 ha versato 305.916 euro di ICI.
Un totale che compresa l’ICI pagate da 360 parrocchie ammonta a circa 660mila euro!
 
E per chiarire la posizione della Chiesa padovana ecco le parole rilasciate al direttore della Difesa del popolo Guglielmo Frezza, dall’economo diocesano don Rino Pittarello: «Per la nostra chiesa l’ICI è una voce di spesa importante, a maggior ragione se si tiene conto della finalità a cui questi beni sono destinati, che non è certo quella di offrire utili. Ma è una tassa consolidata, e che abbiamo sempre pagato proprio perché lo consideriamo un dovere nei confronti dello stato. E se qualcosa, nelle migliaia di cambi di proprietà che si sono succeduti negli anni, fosse sfuggito al nostro controllo, i comuni sanno che siamo sempre pronti a intervenire. Anzi, direi di più: ben venga ogni segnalazione. Purché seria e documentata».
 
Sulle polemiche attuali l’economo rilancia: «Come chiesa in questi tre anni di crisi non ci siamo mai tirati indietro. Ma partiamo da quel che già c’è e già si fa, altrimenti il quadro è per forza di cose parziale. Penso alle tante nostre parrocchie che gestiscono gli asili, supplendo tra l’altro alla mancanza di strutture statali, e che già chiudono l’anno con bilanci in passivo. Davvero è una forma di giustizia far pagare loro l’ICI? Io non ho mai chiesto agevolazioni, vorrei però veder riconosciuto il grande servizio che come chiesa facciamo alla società in tanti campi, compreso quello dell’educazione. Ma soprattutto ricordo che la nostra Diocesi ha dato vita e sostiene quattro grandi gioielli di cui tutti i padovani dovrebbero andare orgogliosi: l’Opera della Provvidenza, Casa Madre Teresa di Calcutta, il Cuamm, le Cucine popolari. Per queste ultime, in 10 anni, la chiesa ha dato 3 milioni di euro. Salvo poi pagarci anche l’ICI».