Il messaggio del vescovo Antonio per l'Avvento 2010

La Domenica 28 novembre inizia un nuovo anno liturgico. Rivolgo l’invito a cominciarlo con l’animo aperto a ricevere un dono prezioso per la nostra vita. Per questo è importante comprenderne il significato.
 
1. Riscoprire il senso della Liturgia per congiungere terra e ciclo
La Liturgia non è estranea e non è separabile dalla nostra esistenza, dalla vita del mondo, dagli eventi della storia, dalle nostre paure, dalle nostre attese. Il mondo serve alla Liturgia come materia per la trasfigurazione, per una nuova costruzione.
L’Eucaristia, che è al centro della Liturgia, assume il pane e il vino «frutto della terra e del lavoro dell’uomo» e, grazie alla potenza dello Spirito Santo, li trasforma in «cibo di vita eterna», trasforma progressivamente questa creazione nei «nuovi cieli e nuova terra». Nella celebrazione liturgica, terra e cielo si congiungono; la nostra esistenza con tutto il suo vissuto viene in contatto con Cristo.
Se abitiamo e lavoriamo la terra senza fede, essa diventa un tutto, ma un tutto chiuso in se stesso, che alla fine si rivela una gabbia o, peggio ancora, una prigione. La Liturgia apre il tempo all’eternità.
Riscopriamo il significato e il valore della Liturgia per aprire orizzonti nuovi che diano senso completo alla nostra vita.
Per comprenderla e celebrarla con viva partecipazione, si richiede una particolare iniziazione. Esorto i presbiteri e i catechisti impegnati nell’iniziazione cristiana ad educare al senso della Liturgia.
 
2. Come ci trova il Signore che viene?
Il Signore, già venuto storicamente, continua a venire continuamente anche se in modo non spettacolare e appariscente, ma con segni discreti.
Sono i profeti, è la Parola di Dio che ce lo fa scoprire. Giovanni Battista ci dice ancor oggi: «In mezzo a voi c’è uno che non conoscete» (Gv 1,26).
Ascoltiamo la parola di un altro profeta dell’Avvento: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Is 9,1).
La metafora delle tenebre si presta ad interpretare il momento che viviamo.
Possono esserci, ed effettivamente ci sono, tenebre in noi; è la parte oscura che portiamo dentro di noi; difficile da riconoscere e da accettare: sono le contraddizioni interiori, le pulsioni e dipendenze irrazionali che ci dominano; forse la cecità spirituale, la perdita del senso, della direzione della nostra vita, e perciò le frustrazioni e le depressioni.
Percepiamo poi il malessere, lo smarrimento piuttosto diffuso nella società. Esso è, in parte, determinato dalla persistente crisi economica, dal quadro, per certi aspetti desolante, che presenta la situazione politica; da episodi di malcostume diffuso. Ma v’è ragione di pensare che le cause siano da ricercare ad un livello più profondo.
Ha lasciato al buio il fallimento delle ideologie che avevano promesso un progresso continuo.
Sembra rimasta un’ideologia: quella del “mercato”. Per sé è un necessario fattore economico. È ideologia quando, non obbedendo a valori e norme etiche per il bene comune, mira unicamente al profitto materiale, diventando un idolo divoratore e schiavizzante. Non assicura la solidarietà e l’equa distribuzione; al più fa arrivare le briciole ai poveri.
Del resto, è evidente che il progresso sul piano delle scienze e della tecnologia pur essendo da considerare positivamente, da solo non è sufficiente. L’uomo e la società hanno esigenze più alte: di giustizia, di solidarietà, di amore, di speranza.
Lo si vede oggi: non è forse vero che un certo tipo di benessere materiale fine a se stesso ha prodotto vuoti nei cuori e deviazioni morali?
Il buio più profondo è forse, oggi, quello della coscienza morale: privata della Luce di Dio, che è il suo riferimento supremo, non sa più vedere il bene e la differenza tra bene e male; scegliere il male come bene è un triste inganno.
Un atteggiamento che non dovremmo accettare e da cui dovremmo uscire, è la rassegnazione a questo stato di cose; il non reagire, la sfiducia; il vivere di superficialità e di vanità, il non cercare la Luce. L’Avvento ci offre la possibilità di uscire dalle tenebre alla Luce.
 
3. Nella tua luce vediamo la luce!
Nel mirabile prologo del Vangelo di S. Giovanni, leggiamo:
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta (Gv 1,4-5).
 
Questa luce illumina ogni uomo: è la luce della ragione, ed è la luce della fede. Abbiamo bisogno di essere illuminati da ambedue.
La luce che non è vinta dalle tenebre non è semplicemente l’informazione che ci fa conoscere tante cose ma senza aiutarci a comprendere il loro senso, il senso della nostra vita, del mondo, degli eventi che accadono; della sofferenza, del male della morte, dell’aldilà oltre il tempo e il mondo presente. In realtà c’è un alone di mistero che ci avvolge.
L’Avvento è l’opportunità, il dono di farci vedere la Luce.
Questa è la stessa Sapienza incarnata, Gesù Cristo.
Un giorno Gesù ha guarito un cieco dalla nascita, e poi ha detto: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12).
Questa luce si è accesa nel mondo con la nascita di Cristo e continua a splendere sempre perché «le tenebre non l’hanno vinta».
Il bene è più forte del male; la verità è più forte della menzogna; l’amore è più forte dell’odio.
Sapienza è scegliere il bene, la vita buona e non semplicemente opulenta e appariscente ma vuota.
La Sapienza è scoprire nella nostra vita, negli eventi, il “segno” che rimanda a Dio.
Con l’Incarnazione di Cristo la terra è per sempre unita al cielo. Nella notte di Natale gli angeli hanno cantato: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama» (Lc 2,14).
Nel “Credo” diciamo: «Per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo».
La terra – come la nostra vita – rimane vuota e nell’oscurità se non c’è la presenza di Cristo, se non è illuminata da Cristo, Luce del mondo.
Questa Luce splende nelle tenebre; apriamo gli occhi per vederla. Se ci accorgiamo di essere ciechi, chiediamo: «Signore, che io veda!».
 
4. Testimoniare la luce
Il Signore, che è la Sorgente della Luce, illumina anzitutto i suoi discepoli perché siano riflesso della sua luce: «Voi siete la luce del mondo;[…] risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5, 14.16).
Siamo luce del mondo con la nostra testimonianza, la testimonianza della “vita buona del Vangelo”, come propongono i Vescovi italiani negli Orientamenti pastorali per questo decennio.
La nostra Chiesa, le comunità cristiane sono oggi chiamate, più che mai, a far brillare la luce di Cristo con la loro testimonianza di vita. Se questa luce ha brillato e brilla intensamente in tante persone ed in tanti esempi luminosi, purtroppo a volte non ha brillato o è stata troppo fioca. In tanti cristiani è ridotta ad un “lucignolo fumigante” (cfr. Is 42, 3; Mt 12, 20).
Abbiamo bisogno di educarci e di rieducare ad una fede vera e autentica, che illumini e riscaldi la nostra vita, apra ad una speranza affidabile.
Ecco il programma dell’iniziazione cristiana, che richiede una conversione, un rinnovamento delle nostre Comunità perché siano grembo fecondo che genera ed educa alla fede.
L’Avvento è questa grazia che ci viene donata.
Esorto ed incoraggio a riprendere e proporre i Centri di Ascolto, per ascoltare e meditare insieme, in ambiente familiare, la Parola di Dio.
Il Papa Benedetto XVI ha appena pubblicato l’Esortazione apostolica post-sinodale “Verbum Domini” che ci propone un ricco insegnamento sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. Facciamone tesoro.
Ricordiamoci che la fede si conserva condividendola. E oggi c’è un immenso bisogno di ridestare la fede in tanti adulti disorientati, in tanti giovani smarriti, in tanti cuori affranti. Come nel “cortile dei gentili” del Tempio di Gerusalemme, oggi sono presenti in mezzo a noi nuove religiosità, ricercatori di Dio oltre i miti e i riti pagani, cristiani di fede superficiale influenzati da interpretazioni romanzesche e senza fondamento degli eventi e dei testi fondatori della fede cristiana.
Usciamo dal Tempio per avvicinare con simpatia tutte queste persone.
La fede va sempre insieme con la speranza e si manifesta nella carità.
Evitiamo un Avvento e un Natale consumistico; condividiamo i nostri beni con i poveri; educhiamoci ed educhiamo a modelli e stili di vita che privilegiano la qualità spirituale delle relazioni.
Auguro a tutti un Avvento pieno di luce in cammino con la Vergine Immacolata verso un Natale di Cristo pieno di grazie e di verità.
 
 
 
Antonio Mattiazzo
vescovo di Padova